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Radici africane
Una nazione giovane e complessa il Kenya, caratterizzata da ben settanta diversi gruppi etnici divisi in tribù, dove si parlano quattro lingue: il bantu, il nilotico, il paranilotico e il cuscitico.
L'Inglese e lo swahili sono fortunatamente considerate lingue ufficiali e largamente comprese dalla popolazione. Nei centri urbani si parla il cosiddetto sheng, un mix di inglese e swahili, con contaminazioni bantu, che è molto usato nella musica popolare e nell’hip hop locale.
L’antica cultura Kamba
Gli Akamba o Kamba costituiscono poco più del 10% della popolazione e vivono ad est di Nairobi, nella zona dello Tsavo National Park. Abili mercanti di lingua bantu, commerciano con tutte le popolazioni confinanti e ciò nonostante seguono scrupolosamente le proprie tradizioni arcaiche. La loro società è strutturata attorno a delle classi di età, create attraverso riti di passaggio che scandiscono ogni momento della vita di un individuo.
Pur essendo molto difficile per un visitatore avvicinarli in tali delicati momenti, sono molto disponibili nei confronti degli estranei e orgogliosi di mostrare le proprie tradizioni. Sebbene oggi siano per la maggiori parte convertiti al cristianesimo, gli Akamba conservano ancora alcuni riti legati alla loro antica religione, come il culto dei morti o degli spiriti ancestrali, attraverso offerte di cibo, voti o rituali assai complessi. La zona dello Tsavo National Park è il punto migliore per entrare in contatto con gli Akamba, magari con un’escursione guidata presso uno dei loro villaggi costituiti da abitazioni molto semplici e spartane ma che permettono di comprendere un mondo lontano, affascinante e complesso. Esplorare il Kenya con Eden Viaggi è il modo migliore per conoscere le radici di questa nazione africana.
I Kikuyu: la loro Africa
Di etnia Kikuyu è anche il premio Nobel per la Pace Wangari Maathai, scomparsa di recente. Oggi i Kikuyu costituiscono il 20% della popolazione e sono prevalentemente agricoltori, o solo occasionalmente allevatori. La loro lingua è fra le più antiche del ceppo bantu. I Kikuyu – pur essendosi modernizzati e vivendo per larga parte anche in centri urbani – sono ancora legati alle loro antichissime tradizioni: sono costituiti in società fortemente patriarcali dove chi desidera sposare una donna di questa etnia, ad esempio, deve pagare un indennizzo al padre della futura sposa.
L’affascinante popolo Masai
La toccante storia che Corinne Hofmann ha raccontato nel suo libro autobiografico La masai bianca ha fatto il giro del mondo ed è diventata un film. È il racconto fedele di tre anni di amore per un guerriero Masai da parte di una donna tedesca ed uno dei libri che meglio aiutano a capire la psicologia dell’etnia Masai, raccontandola dal suo interno. A chi avrà la fortuna di fare amicizia con un Masai potrà capitare di sentirsi dire: ‘Spero che il tuo bestiame sia florido!’. È il tradizionale saluto di questa etnia africana e mette in luce la loro vocazione alla pastorizia. Si tratta di uomini alti, elegantemente vestiti con stoffe colorate di rosso, poco inclini alle chiacchere e – come ogni buon pastore che si rispetti – attenti alla natura e votati al silenzio. I Masai sono la più nota minoranza d’Africa e oggi si contano appena cinquecentomila esponenti di questo antico gruppo etnico. La loro attuale natura di pastori nasconde in realtà un passato di uomini fieri e decisamente combattivi. Per secoli infatti sono stati i guerrieri più temuti di questo angolo d’Africa. Ancora oggi fra le dotazioni di ogni capo pastore vi sono lancia, pugnale e una sorta di mazza, oggetti che possono, all’occorrenza, diventare armi micidiali. I Masai sono inoltre poligami e vivono soltanto nei loro villaggi, sparsi sugli altopiani al confine con la Tanzania, in nuclei familiari allargati e divisi in dodici clan. Sono gelosi delle proprie tradizioni ma uniti e protetti dalla Masai Environmental Resource Coalition che ne tutela ogni diritto. Come ogni antica etnia hanno un incredibile numero di rituali che fa parte del loro bagaglio tradizionale e credono in una loro divinità, Enkai, capace di regolare stagioni, clima e natura. I giovani Masai, ad esempio, devono superare un rito di iniziazione prima di poter essere considerati dei guerrieri, adulti e idonei al matrimonio. La circoncisione alla quale vengono sottoposti e che devono sopportare in silenzio è soltanto l’inizio di un rito di passaggio che, nei mesi seguenti, vede il futuro guerriero indossare abiti neri e disegnarsi sul volto delle complesse simbologie. La società di questo gruppo etnico è saldamente in mano agli uomini, ma non ci sono capi: ogni gruppo ha una sua guida spirituale e i singoli clan prendono le decisioni collettivamente. Sin dall’epoca coloniale a questi uomini fieri, ma riservati, è stato progressivamente tolto il bene più prezioso: la terra. Oggi molti Masai vivono nelle grandi città, persino a Nairobi, ma lo stato kenyota ha iniziato a corrispondere alle varie tribù un corrispettivo in denaro, ovvero una percentuale sugli ingressi dei Parchi Nazionali, creati sulle terre di loro antica proprietà. Al confine con i parchi nazionali si trovano alcune riserve Masai, appezzamenti di terra ai quali non è consentito accedere e nati proprio per conservare la tradizione e per restituire a questa etnia parte di quello che le è stato tolto.